Col
termine «cimano», fin dai documenti più antichi, s'intendeva indicare
tutta la zona che sta a Nord del torrente Repudio, delimitata
ad Ovest dal Colle delle Valli e dal Colle Longo, ad Est dal Colle
di Susans e a Nord dal fiume Tagliamento.
Il
toponimo è giunto fino a noi nei documenti autentici nella forma
di «Ziman-Zimani-in Zimano»; questa precisazione è importante
per chiunque voglia ricercare seriamente il significato originale
del nome di questa porzione del territorio, ormai interamente
sotto il comune di San Daniele.
Recenti
rinvenimenti archeologici, sia presso la stazione ferroviaria,
sia verso ponente, indicano la sicura presenza di abitanti in
epoca romana; i reperti abbondanti già recuperati fanno pensare
al Il secolo dopo Cristo.
Alcuni
toponimi, tuttora esistenti in zona e documentati dal '200, fanno
pensare ad un ripopolamento della medesima ad opera dei coloni
slavi, chiamati dai Patriarchi di Aquileia dopo le tragiche incursioni
degli Ungheri che, a cavallo del 900 dopo Cristo, devastarono
la pianura friulana. Ecco alcuni dati.
-
Slavo è il toponimo «Prataront» che ancora indica la zona a ponente
del cimitero e la vasta piana verso il Tagliamento ed il monte
di Muris; il termine significa «terreni erosi dalle acque dei
fiumi».
-
Slavo è il termine «Alòc» che indica il torrentello a confine
col territorio di Ragogna; significa «fiume nel bosco» dallo slavo
«nalogu».
- Sappiamo
da molti documenti del '300 presso la biblioteca Guarneriana di
San Daniele che in cimano esisteva un piccolo villaggio chiamato
«Lùsiz» o «Làusiz»; il termine è ancora slavo e significa: prati
ampi esposti al sole (come Lusnizza e Lussari in Val Canale!).
I documenti ci fanno sapere che le ultime case di quel villaggio
furono abbandonate perché gli abitanti non riuscivano più a salvare
i loro raccolti dalle devastazioni dei cinghiali, dei caprioli
e dei cervi, e le loro mandrie dai lupi e dalle linci. Questi
animali frequentavano tranquillamente la zona, rifugiandosi
poi nelle inaccessibili selve dei versanti Nord del monte di Muris
e del monte di Susans.
Tutto
questo induce a pensare ad un'origine slava anche per il toponimo
«Ziman» che, nel caso, significherebbe «zona fredda», dallo slavo
«zima», che significa inverno; a cimano non mancano mai correnti
d'aria fredda di tramontana e di bora! Bisogna però rilevare
che in zona ci sono molti toponimi di origine più antica, anzi
molto remota. Ne ricordiamo alcuni.
-
Clapàt: è il nome pre-romano che indica oggi l'isolotto tra i
due ponti della strada e della ferrovia; sappiamo con assoluta
certezza che fino a metà del '600 l'isolotto formava un tutt'uno
con il cimano, ma nelle straordinarie inondazioni dei due successivi
decenni il fiume Ledra devastò la zona, tracciando il nuovo corso
che oggi si vede.
-
Palla: è il nome pre-romano che indica le prime alture del monte
di Susans, sulla strada per quella località; ed è all'origine
del cognome omonimo di diverse famiglie.
-
Pecòl di Cot: è il nome originale dell'altura di Borgo Ceschia;
è un toponimo latino.
Latini
sono poi i toponimi: Silva (bosco) Zimani, Paludetto (ora azienda
de Concina), Ronche o Ronchie (bosco tagliato la zona sulla strada
per Susans) Colle Longo ecc.
-
Braidate: il nome che indica la piana di cimano superiore è di
origine longobarda.
Sono
latini i nomi dei numerosi rivoli che intersecano la zona:
Rivo
della palude, Gurghisit, Storto ecc., come pure lo stesso nome
dell'emissario del lago che non è «Repudio», come abitualmente
si scrive, ma Riu-pudi, dal latino Rivus-putens, così chiamato
per le esalazioni delle acque spesso stagnanti del torrentello
di frequente in secca.
Di
origine germanico-gotica è il nome
«Colle delle
valli» (Weld=bosco), come pure il termine «Rengane», che
indica i terreni adiacenti al Repudio (Reghen: fiume serpeggiante).
Interessanti sono poi in loco i toponimi «Pra' Popòn»
(dal latino
"populus"=pioppo) che indica la piana della
strada nuova e della ferrovia; ed il termine «Pissin» ("silva
spissa": bosco fitto) che indica i prati sotto il colle
di Susans.
Top
Il
'300 ed il '400 del cimano
Per
comprendere le vicende storiche del cimano bisogna tener presenti
alcune premesse.
-
Per la appartenenza territoriale, il cimano era diviso tra le
due Giurisdizioni di San Daniele del Friuli e di Susans (Majano
dopo il 1816, anno di nascita dell'attuale comune di Majano).
Il confine tra le due Giurisdizioni partiva ad Est dell'attuale
azienda agricola de Concina e la seguiva verso Nord fino ad innestarsi
sulla strada pubblica San Daniele-cimano, che costituì confine
fino all'affacciarsi sulla Braidate, dove questo seguiva la ferrovia.
Le
due zone ebbero due distinte storie di sfruttamento e di servizio
e quindi di sviluppo.
Infatti
la zona soggetta a San Daniele costituiva da tempi remotissimi
il vastissimo «Feudo Ministeriale Comunale della Magnifica comunità
di San Daniello», mentre la zona piana soggetta a Susans era
suddivisa in piccole proprietà «Allodiali», cioè private. Il
Colle o Monte di Susans era invece per la maggior parte Feudo
dei Nobili Di Varmo prima, Colloredo poi, con servitù passive,
per i pascoli e la caccia, verso il comune di San Daniele; Susans
era legata anche religiosamente a San Daniele e solo alla fine
dell'800 divenne parrocchia indipendente; prima il suo sacerdote
era chiamato «terzo vicario di San Daniele».
Il
Feudo comunale del cimano si estendeva per una superficie di oltre
335 campi friulani, come risulta dalle planimetrie giacenti in
Guarneriana. Si trattava di una concessione antichissima dei Patriarchi
di Aquileia ed era un Feudo ministeriale, cioè un Feudo per il
quale la Comunità di San Daniele doveva corrispondere pesanti
servizi ai Patriarchi, oltre alla corresponsione di certe regalie
come «affitto».
San
Daniele aveva altri beni in Feudo per un complesso di oltre 1600
campi. Ecco gli oneri che gravavano sul Comune per questi beni.
-
Fornire a proprie spese 25 soldati con un capitano in caso di
guerra;
-
offrire ogni anno al Patriarca 10 galline con 200 uova ed 11 carri
di legna da fuoco; kg. 3,500 di pernici; queste regalie erano
dovute per cimano;
-
pagare 20 stari di miglio e 20 di sorgorosso (circa ql.33) ad
anno;
-
fornire vitto ed alloggio al Patriarca ed alla sua corte per 3
giornate ad ogni sua venuta a San Daniele, pagando anche le spese
di viaggio;
-
a tutto questo, a partire dal '400 si aggiunsero dalle 4 alle
6 coppie di «boni persutti».
Naturalmente
San Daniele era molto attenta allo sfruttamento di tutti i suoi
beni pubblici; si trattava di uno sfruttamento «comunitario» regolato
dalle antichissime clausole inserite negli statuti comunali del
'200.
A
parte questo sfruttamento silvo-pastorale, San Daniele curò pure
uno sfruttamento, se così si può dire, industriale della sua zona,
con tre tipi diversi di attività.
a)
L'uso dell'odierno isolotto del Clapàt come «porto del legname»,
per l'approdo delle zattere che scendevano dalla Carnia e dalla
Val Canale con grandissime quantità di legname da fuoco e da
lavoro; San Daniele si servì di quel
porto per tutte le sue opere pubbliche e private fino
all'inizio del '900; se ne servirono anche i Patriarchi per le
loro opere in Udine e persino Venezia per la fortezza di Palmanova.
Nel tardo '700 i de Concina ottennero da San Daniele di poter
realizzare sul Clapàt un grande dock per immagazzinarvi il legname.
b)
Varie zone furono usate per la costruzione di fornaci da calce
e da laterizi e ciò è documentato fin dal 1373 e durerà fino a
tutto l'800. Molte famiglie, tuttora esistenti, sono nominate
nei documenti che interessano il cimano fin da quelle remote epoche;
provenivano da San Daniele, da Ragogna, da San Tomaso e da oltre
Tagliamento.
c)
La zona del Clapàt fu scelta dalla fine del '400 per la costruzione
dei mulini della comunità; un complesso molto grosso, con 5 pale
per le macine, una pala per la segheria delle taglie, una per
il magli ed una più piccola per una grande mola per aguzzare.
Le
attività dei mulini cessarono sul Clapàt col 1670, poiché il Ledra,
tracimato ormai più volte a Sud dell'isolotto, rese impossibile
la adduzione delle acque dal Tagliamento per le pale dei mulini.
Esistono in Guarneriana interessantissimi inventari di ogni particolare
dei macchinari e dell'arredo dei mulini.
Top
Il
'500: un tentativo di urbanizzare stroncato da San Daniele; il
cimano è ancora infestato dai lupi
Per
inciso ricordiamo che sul punto più alto di borgo Ceschia fu realizzato
nel 1504 su concessione di San Daniele il capanno in muratura
dell'uccellanda dei Nobili di Varmoo, poi de Concina (vedi sopra
pianta della Braidate del 1773).
Le
vicende dei pascoli pubblici, dello sfruttamento del bosco, delle
fornaci e dei mulini di cimano sono abbondantemente documentate
nell'Archivio storico comunale presso la Guarneriana; esistono
mappe dettagliate dei Beni Feudali, dell'isola del Clapàt (1668),
della piana della Braidate (1773), della casa della fornace Colutta
ecc. Va però precisato che San Daniele fu contraria in linea di
massima ad ogni forma di urbanizzazione, volendo con tutti i
mezzi che il suolo rimanesse ad uso pubblico.
In
questo suo atteggiamento seguiva la lungimirante politica dei
Patriarchi che costantemente avevano favorito l'estendersi dei
Beni comunali presso le singole comunità e Ville, onde venire
incontro ai ceti più umili della popolazione. Purtroppo per la
zona del cimano soggetta a Susans le notizie sono molte scarse,
causa la perdita dell'archivio parrocchiale, andato quasi interamente
distrutto nell'invasione del 1917; qualcosa si sa per le interferenze
e le cointeressanze con la zona di San Daniele, ma non è molto.
Per
la zona soggetta a San Daniele possiamo dire, coi documenti alla
mano, che a partire dal 1510 ci fu un serio tentativo di urbanizzare
la Braidate e le Ronche. Erano anni di gravi crisi agro-alimentari,
aggravate dalle ripetute incursioni di Massimiliano I d'Asburgo
contro Venezia. San Daniele, pienamente coinvolta nelle vicende,
pensò di venire incontro ai disagi delle famiglie, lottizzando
i terreni del Feudo comunale del cimano e concedendo i lotti alle
rispettive famiglie in usufrutto.
La
situazione di precarietà si protrasse nel tempo ed alcuni dei
concessionari per necessità economiche o per impossibilità di
sfruttamento diretto dei fondi, cedettero i loro lotti a persone
più capaci e.. più danarose che così ampliarono le superfici in
concessione.
Il
perdurare della situazione indusse alcuni privati a realizzare
in cimano alcune capanne per la raccolta delle derrate e degli
attrezzi; quindi qualcuno pensò ad edifici più solidi e duraturi,
coltivando la speranza di acquisizione definitiva dei fondi. Ma
San Daniele, sempre vigile ed attenta ai suoi diritti, ricorse
ufficialmente al Patriarca-Principe, ottenendo la riunificazione
dei lotti e l'ordine di... demolizione di tutte le strutture
murarie realizzate, pur assumendosi l'onere del risarcimento delle
spese. Val la pena di ricordare il nome di alcune delle famiglie
interessate direttamente nella vicenda.
-
I Beccàriis nelle Ronche: la casa venne demolita e fiscalizzati
i materiali, col risarcimento di L.485 d'argento;
-
i Conti Ronchi di San Daniele;
-
la famiglia Majano (Sandròt) allora abitante a San Daniele...
e diversi altri.
Così
il cimano ritornò allo stato primitivo di Bene comunale in uso
silvo-pastorale della Comunità di San Daniele. Le uniche abitazioni
documentate del '500 restarono perciò quelle precarie presso mulini
e fornaci. La vita umana in cimano, non era troppo movimentata,
anche se la strada verso San Daniele era quotidianamente percorsa
da sequenze di somarelli stracarichi delle granaglie da portare
ai mulini del Clap; c'erano anche i pastori delle mandrie dei
buoi di Sopracastello, di Zulins e Bronzacco e la mandria dei
cavalli di San Daniele, ma ciò non costituiva un sufficiente deterrente
per i lupi 'be ancora infestavano la zona.
San
Daniele, oltre che armare con archibugio e pistolotti i pubblici
pastori e i Custodes Tabellae (cioè i guardiani campestri) dovette
emanare diversi decreti che promettevano abbondanti compensi
ai cacciatori di «Lovi»: il premio era raddoppiato se la vittima
era una «lova», ossia una femmina lupo!
Top
Il
'600 e l'abbandono dei mulini. Col primo '700 una nuova vitalità
A
dir il vero la vita dei mulini sul Clapàt fu sempre problematica
e molto costosa per San Daniele. Ogni tanto il fiume rapace si
prendeva le sue rivincite, devastando i mulini e riempiendo di
ghiaia i canali; sono sempre molto elevate le spese che periodicamente
la Comunità doveva affrontare per rimettere in sesto il complesso.
Ma le cose divennero insostenibili quando, dopo la prima metà
del '600 ripetute grosse inondazioni gonfiarono talmente il
Ledra da farlo tracimare a Sud del Clapàt, interrompendo la continuità
dei terreni tra cimano e lo stesso Clapàt. San Daniele corse ai
ripari facendo intervenire numerosi esperti dalla Carnia, dal
Canal del Ferro e perfino dalla fortezza di Palmanova; si costruirono
dighe e roste, si spese un mare di soldi, ma tutto fu inutile
quando i livelli dell'acqua si pareggiarono a Nord ed a Sud dell'isolato:
non era più possibile ottenere la pendenza della corrente per
muovere le ruote! Così nel 1670, col consenso di Venezia e del
Patriarca, si decise di abbandonare i mulini di cimano, si recuperò
ciò che poteva esser riutilizzato e si ottenne di costruire i
nuovi mulini sul Corno, oggi detti «la Turbine», poiché a fine
'800 vi fu installata la turbina di pompaggio per l'acquedotto
meccanico di San Daniele, uno dei primi di tutta l'Italia.
Coll'abbandono
dei mulini su cimano cala un discreto silenzio.
Ma
dall'inizio del '700 si avvertirono segni di novità e di trasformazioni
radicali. San Daniele, stimolata dagli energici Patriarchi Delfino
e favorita dalla sua indipendenza da Venezia, è tutta un cantiere
di rinnovamento: si sta costruendo il grande monastero dei Domenicani,
poi ospedale; iniziano i lavori della ricostruzione del duomo;
poi sarà la volta del grande edificio del Monte di Pietà, senza
contare il rinnovamento delle opere private, come i palazzi de
Concina, il Moretti, il Mylini ecc. Ciò porta l'intensificarsi
dei lavori alle fornaci vecchie e nuove per la calce ed i laterizi
in cimano e l'aumento dei traffici al Porto per le forniture
delle ingenti quantità di legnami necessari per le varie opere.
Nel
1752 i de Concina affittano dal Comune per 12 anni, con facoltà
di rinnovo, un tratto dell'isolotto del Clapàt per un loro deposito
di legname; essi intessono importanti commerci con Venezia ove
pure possiedono dei Docks. La quota annua d'affitto è di 1200
d'argento con la clausola del risarcimento degli eventuali danni
al sito.
Nel
1758 un Zuliani di San Daniele ottiene dal Comune di poter costruire
«un mulinetto in Ziman sul Rio dell'Acqua Caduta»: è quello che
ancor oggi è detto «il Mulinàt».
Ma
una svolta decisiva si ebbe dopo il 1762, quando San Daniele,
soffocata dalle enormi spese per affrancare da Venezia, divenuta
padrona per la soppressione del Patriarcato d'Aquileia, tutti
i suoi Beni feudali decise, nonostante l'accanita opposizione
dei ceti più poveri, di affittare i beni comunali di cimano per
rinsanguare le sue casse esauste.
Se
i concessionari delle affittanze erano signorotti di San Daniele,
i lavoratori di campagna erano quelli che abitavano più vicino
ai fondi! Infatti è del 1769 la prima notizia ufficiale negli
Atti del Comune che tre nuove famiglie si sono stabilite nelle
Ronchie; esse sono:
-i
Palla
-
Osvaldo Dreosto
-
Gioseffo di Mont; ma non potranno usufruire dei pascoli pubblici
e dei boschi di San Daniele.
Nel
1771 anche i Battigelli di S.Tomaso ottengono da San Daniele di
poter costruire una fornace in cimano. la concessione sarà per
15 anni con l'obbligo di fornire calce e laterizi a San Daniele
per le opere pubbliche; se ne servirà anche Majano per la costruzione
della chiesa parrocchiale ad opera dello Schiavi.
Nello
stesso anno si stendeva il particolareggiato capitolato per la
costruzione della grande fornace dei Colutta, con l'annessa grande
casa di abitazione: è la prima casa degna di tale nome nella Braidate
di cimano: è la casa «Agnola» di cimano Superiore!
Nel
1772 anche i Co. Ronchi di San Daniele presentarono domanda di
concessione per una loro fornace in cimano, fornace che poi affittarono
alla famiglia ebrea dei Luzzato, abitanti in San Daniele.
Il
Porto di cimano era tutto un cantiere, per le esigenze della costruzione
del Monte di Pietà e delle nuove navate del Duomo; la crescente
vitalità indusse i Colutta a prospettare al Comune la ricostruzione
di due moderni mulini, considerato che allora quello sul Corno
era soggetto a periodi di stasi, per la magra delle acque; ma
la proposta non ebbe seguito.
Ormai
sull'Europa si stavano addensando le fosche nubi delle tragiche
vicende napoleoniche che, per 20 lunghi anni, devasteranno molte
nazioni e particolarmente questa nostra terra, ove più volte i
contrapposti eserciti in lotta passeranno, come rulli devastatori
ed oppressori, distruggendo o dilapidando la già povera economia
delle comunità.
A
partire dunque dal 1797, epoca della prima «calata napoleonica»,
San Daniele, pienamente coinvolta nelle alterne vicende belliche,
fu colpita da onerosissime tasse di guerra che la costrinsero
ad affittare «sine die» i Beni feudali comunali ai signori che
le imprestavano il danaro per le forniture militari, onde risparmiare
i più volte minacciati «saccheggi» all'intera popolazione. Nell'alternarsi
dei Potenti di turno, inutilmente i ceti poveri organizzarono
dimostrazioni pubbliche, vere sommosse, con occupazione dei terreni
affittati, taglio dei boschi pubblici, spianamento e ripristino
allo stato primitivo dei terreni ecc. Purtroppo gli amministratori
di turno, non più di elezione democratica, ma di nomina Prefettizia,
scelti per legge tra i 50 maggiori possidenti (altroché «EgalitéLiberté»!)
faranno intervenire la Polizia e le truppe militari a... spegnere
ogni anelito di vera democrazia. Sono pagine dolorose, che non
vanno dimenticate, per capire quelle trasformazioni sofferte che
portarono le innovazioni dei tempi nuovi anche per cimano.
I
protagonisti di quelle lotte finiranno in galera a San Daniele,
a Udine e ai «Piombi di Venezia». fu una vera triste epopea per
San Daniele e le valse il celebre detto del Carducci: «Un bel
nido di cattivi uccelli»... ma lui nulla sapeva delle sofferenze
e dell'estrema miseria, arrivata allo stadio di vera miserabilità
che, con quelle lotte, i ceti più poveri di San Daniele avevano
cercato di risparmiare a se stessi ed ad altre Comunità della
Piccola Patria. Ne va dimenticato che proprio in quegli anni (1815-17)
scoppiò il triste fenomeno della emigrazione di massa, una delle
conseguenze della vendita dei vasti Beni comunali tipici del Friuli
patriarcale.
Top
LA
TRASFORMAZIONE FONDIARIA
(Guarneriana:
archivio storico comunale-delibere e bollette)
Con
le tragiche vicende delle guerre napoleoniche inizia per il cimano
quella trasformazione fondiaria che segna l'avvio della urbanizzazione
e dei tempi nuovi per quel lembo del territorio che passerà poi
interamente sotto il comune di San Daniele. già si sono spiegati
i motivi che portarono la zona a passare da patrimonio pubblico
comunale a patrimonio privato col conseguente capovolgimento
completo della sua destinazione d'uso. Prima: pascolo, bosco,
fornace etc. Poi: agricoltura, allevamento, etc.
Qui
si stendono in ordine cronologico alcune notizie importanti in
riferimento a quella trasformazione.
1783
- Stante la grave penuria di legname da fuoco, si delibera di
eseguire delle piantagioni di pioppi sull'isola del Clapàt.
Sono
già dati in affitto a privati: l'isola del Clap per lo sfalcio,
per 261 lire annue; il Paludetto, ora azienda de Concina, per
230 lire annue; il Bosco del cimano, per il taglio, per 110 lire
annue. Non si dimentichi che l'operaio guadagna 1,50
lire al giorno.
1788
- Si rifà il ponte in legno sul torrente Repudio per andare a
cimano; e si decide di preparare il disegno per il ponte in pietra.
1791
- Il Comune stende un piano di affittanza di tutti i beni comunali
del cimano.
1793
- I capi-borgo di Sopra-castello presentano in Comune una supplica
«perché si prendano urgenti provvedimenti per aggiustare la strada
del cimano, perché ormai è reso impossibile il passaggio dei numerosi
carriaggi che trasportano il legname delle zattere dal Tagliamento
e continuamente vanno e vengono per detta strada».
1795
- Il Comune ... stante i gravissimi debiti fatti per ammodemare
le strade e fare i ponti comandati da Venezia ... ordina di preparare
un vasto piano di affittanze dei beni comunali onde pagare i debiti
enormi per le strade...» Venezia applaude!
1797
- L'isolotto del Clap ed il Paludetto vengono sfalciati due volte
nella stessa stagione, per fornire il fieno richiesto dalla cavalleria
francese di Napoleone. Anche la paglia delle paludi sarà devoluta
ai militari. Il Comune è costretto ad affittare a tempo indeterminato
la braidate di cimano alla famiglia Luich ed alcuni campi ai
Flabiano da San Daniele, per debiti di guerra.
1797-
28 dicembre - I contadini di San Daniele, in rivolta per le durissime
condizioni di miseria e sfruttamento per le prime vicende napoleoniche,
si recano in massa (oltre 400> al saccheggio del Bosco del
cimano: tutto viene raso al suolo: l'operazione dura tre giorni
ininterrottamente. Il Comandante francese della piazza di San
Daniele, richiamato dai rappresentanti della municipalità democratica
di nomina prefettizia, si reca sul posto con i gendarmi; ma, inteso
che la gente non se la prende con i francesi, ma con «quei mangioni
degli amministratori comunali» ascolta..., ed applaude all'iniziativa
popolare.
1798,
1° gennaio - Morta la repubblica di Venezia, il Friuli passa sotto l'Austria;
i nuovi padroni tentano di ristabilire le amministrazioni veneziane;
ma poi cedono allo strapotere dei signori; Vienna ordina una severa
inchiesta giudiziaria e condanna i responsabili della rivolta
da 3 a 7 anni di carcere; alcuni finiscono ai Piombi di Venezia.
L'Austria
accelera e facilita l'alienazione dei beni comunali... per tassare
i passaggi di proprietà, le eredità ed i loro redditi.
1802-1805
- I beni pubblici
di cimano rendono: l'isola del Clap 605 lire (1802) e 705 (1805>;
il Paludetto 350 lire (1802> e 430 (1805): il Bosco 150 (1802)
e 152 (1805).
1807
- I Rizzi di Ragogna, che hanno imprestato 6 mila ducati d'argento
a San Daniele, donati a Venezia come estremo tentativo di salvataggio,
vengono saldati per 21.376 lire d'argento napoleoniche con altrettanti
terreni pubblici in cimano e in San Daniele (è ormai in uso la
lira napoleonica: 1 lira=1 giorno di lavoro).
1809
- Vengono affittati
altri 84 campi di beni comunali in cimano.
1811
- La Braidate, per 14 campi, viene permutata alla famiglia Carnier,
ormai da tempo stabilita in San Daniele. Il Colle delle Valli
è dato in affitto ad un Santo Pagnutti a tempo indeterminato,
per debiti di guerra. Per lo stesso motivo il Bosco del cimano
passa ai Pittiani.
Alcuni
prati, per altri 6 campi, per debiti di guerra, vanno a Giacomo
Bianchi.
1822
- Orami è «rotta completa»: ben 1000 campi di beni comunali di
San Daniele vengono lottizzati e dati in affitto: i signori fanno
la parte del leone.
1839
- Questa volta non si tratta di affittanze, ma di alienazioni.
Riprendono in grande stile le sommosse popolari e le occupazioni,
con le mandrie, dei pascoli e dei beni comunali, anche in cimano.
Le cose si aggravano al punto che nella primavera del 1841 l'Austria
invia in pianta stabile a San Daniele un corpo militare di oltre
400 soldati per sedare e prevenire le sommosse; ma l'alienazione
di pubblico patrimonio prosegue ininterrotta, col favore di Vienna.
-
1843
- Il Tagliamento travolge e distrugge due fondi del Saletto.
1845
- Lottizzazione di 275
campi di beni comunali,
di cui diversi in cimano. La strada del cimano viene "riordinata"
per consentire lo sfruttamento agricolo della zona.
1847
- 28 dicembre: l'isola del Clap viene venduta per 6 mila lire
italiche.
1849
- Per la rivolta del 1848 l'Austria ha imposto anche a San Daniele
delle pesantissime tasse; il Comune vende il Colle delle Valli
per 69 campi ed il Paludetto del cimano di campi 24, 1/4 ai Concina.
1850
- Vengono alienati quasi tutti i residui dei beni comunali del
feudo del cimano. Così spariva, travolto dal vortice delle guerre
e dall'ingordigia dei benestanti un patrimonio ingentissimo,
riservato da secoli a beneficio dei più poveri.
Top
La
storica rivolta del 1841
13-18
maggio - Le vicende del 1848 ebbero in Friuli un clamoroso
precedente negli episodi che culminarono nell'assalto alla sala
consigliare della Loggia comunale da parte di tutto il ceto contadino
di San Daniele, mentre i consiglieri, con l'imperial regio commissario,
si preparavano all'assegnazione in affitto dei nuovi numerosi
lotti di beni comunali. I fatti destarono tanto scalpore da far
accorrere in forze l'imperiail regio esercito di sua maestà asburgica,
le cui truppe stettero più mesi in stanza a San Daniele, onde
impedire il rinnovarsi di dimostrazioni che turbavano il buon
ordine costituito dei domini imperiali. La repressione portò
ad una inchiesta di polizia su ben 103 capifamiglia; all'incarceramento
di 67 di essi a Udine, dei quali 45 furono trattenuti in carcere
da maggio a settembre, mentre i rimanenti 22 vi rimasero fino
al febbraio 1842.
Cinque
di loro subirono regolare processo e furono condannati a pene
varianti da un anno a 8 mesi di carcere duro a Venezia. Questi
furono: Lucia Candusso, coniugata Bagatto di anni 40, madre di
7 figli; Pietro Battellini di anni 60; Tommaso Pagnutti; Antonio
Moroso detto Padrin; Giuseppe Buttazzoni detto Batel. Tutti di
Sopracastello e Bronzacco.
San
Daniele, nel suo tradizionale stile, seppe farsi beffe anche della
dura ed imponente repressione asburgica, facendo circolare ed
esponendo alle colonne della Loggia il seguente «proclama» fasullo:
«Notizia
ufficiale - Lì 8 maggio 1841 - Lì 17, alle ore 8 e mezzo S.A.I.
(Sua altezza reale imperiale) ordinò l'assalto del forte di San
Daniele, difeso da 10 pezzi di cannone, un obice e 700 uomini.
L'attacco, diretto da S.A. sopra 5 colonne è compiutamente riuscito;
a 10 ore ed un quarto noi eravamo padroni del forte; la metà della
guamigione è stata passata a fil di spada. Sua Altezza, si è recata
di persona sul posto per fermare la strage. 400 uomini circa
sono stati salvati. L'armata imperiale marciò in seguito su Tarvis,
ch'era stato preso a passo di carica il giorno 16 dall'avanguardia,
dove si trovavano
la divisione Fontanelli e la brigata Bonfanti...».
Naturalmente,
accanto a queste «lepidezze», circolarono in quei giorni per iscritto
a San Daniele autentiche minacce.. seppur in rima. Eccone alcune:
«Narducis ti tajaran a fetucis»; «Franceschinis ti mazarin a
ûs di gialinis»; «Pilàr (Pellarini) ti mazarin cul Cilàr (fucile
tirolese)»; «Un deputàt minchiòn, chel altri bricòn; e il segretari
ladròn».
Le
vicende avrebbero potuto avere ben più tragici epiloghi se il
buon senso dello stesso imperatore d'Austria-Ungheria, tirato
direttamente in questione dall'autorità ecclesiastica, non fosse
intervenuto ad imporre una radicale modifica dei «capi d'imputazione».
Nel
primo censimento delle famiglie, realizzato sotto Casa Savoia
nel 1871, risultano censite in cimano, ai rispettivi numeri civici,
le seguenti persone, come capo4amiglia, in territorio di San
Daniele:
Ceschia
Giacomo fu
GioBatta, n. 1819 a cimano;
Ceschia
Giuseppe fu
GioBatta n. 1822 a cimano;
Della
Bianca Giovanni fu Valentino n. a Buia;
Ceschia
Maddalena nata Celotti
Molinaro
Daniele fu Andrea nato a Cornino
Toniutti
Ceschia Maria (o Luigia?).
Era
tutto.
Comunque,
con la vendita ai privati del patrimonio dei Beni comunali, già
completata sotto l'Austria, incominciava veramente la nuova
era del cimano.
Il
passaggio sotto il Regno d'Italia segnò nel tardo '800 un periodo
di intenso rinnovamento: strade, ponti, ferrovie, acquedotti
ed energia elettrica furono al centro dell'attenzione di tutti
i Comuni, insieme ad un rinnovato impegno per la pubblica istruzione.
Ecco
alcune interessanti notizie in proposito che riguardano la frazione
di cimano dal 1874 al 1943, desunte direttamente dai verbali della
Giunta comunale di San Daniele.
Top
Il
Passo-barca sul Tagliamento tra cimano e Cornino da fine '800.
1888
- Il Passo-barca sul Tagliamento esisteva già da secoli, ma era
sempre stato considerato un affare piuttosto privato. San Daniele
si era preoccupata di controllare la cosa solo in momenti di
emergenza, per motivi bellici o per controlli sanitari o doganali,
ma non di più. Era giunto il tempo di dare una veste di ufficialità
ad un servizio che ormai si rivelava di discreta importanza per
i traffici personali e commerciali.
Già
nel 1812 Napoleone I aveva
fatto costruire la strada che ancora collega direttamente la
Val d’Arzino con Flagogna-Cornino-PeonisTrasaghis e quindi con
l'Osovano e il Gemonese; essa facilitava anche i commerci di
San Daniele, un po’ compromessi dalle deviazioni apportate dalle
nuove ferrovie per Udine. Si era realizzata
la Tramvia Udine - San Daniele ed era in programma
la Precenicco - Gemona per San Daniele; ma in attesa
che maturassero i tempi per i ponti di Pinzano e di cimano, bisognava
garantire un servizio sicuro e continuo con la destra Tagliamento
al Passo-barca di cimano.
Ecco
alcune notizie ufficiali in proposito.
3
marzo 1888 - Con la delibera ufficiale il Consiglio comunale
ordina l'istituzione di un «servizio permanente
di Passo-barca
al Tagliamento in cimano per Cornino».
19
agosto '88 - Si vorrebbe appaltare il Passo-barca a Domenico Molinaro
fu Daniele, nato a Cornino nel 1841, ma residente da tempo a cimano.
In
aprile si era steso il Capitolato d'appalto ed il 6 agosto la
Provincia aveva fatto un
sopralluogo. L'appalto viene deliberato a Domenico Molinaro. L'appalto
avrebbe dovuto avere la durata di 9 anni; ma in realtà il 27 novembre
1895 il Comune rescindeva il con-tratto col Molinaro che aveva
avuto, sequestrate le due barche (una per il servizio da cimano
al Clapàt e l'altra dal Clapàt a Cornino) dalla ditta fornitrice,
per debiti.
12
febbraio '96 - Si dovette adire le vie legali per il problema
ed il Tribunale di Udine rescinde con sua sentenza il contratto
col Molinaro. La Giunta comunale affida al sindaco le
trattative per un nuovo contratto con le vecchie regole e l'unica
modifica alle tariffe:
si
pagheranno centesimi 8 e non 5 a persona, per il trasbordo. Non
si dimentichi che la paga giornaliera di un operaio è al tempo
di 1 lira al giorno. Nuovo barcaiolo risulta essere un Pietro
Marcuzzi da Cornino.
Il
contratto col Marcuzzi viene rinnovato il 23 settembre 1898.
|